IL SENTIERO DEL BRIGANTE

Un suggestivo viaggio a piedi, dall’Aspromonte alle Serre, attraverso aree di grande interesse naturalistico, foreste rigogliose, torrenti impetuosi, placidi ruscelli, cascate, paesaggi alpestri e mediterranei, insediamenti rurali, dimore nobiliari, centri abitati, emergenze architettoniche, siti di archeologia industriale, testimonianza di una storia importante, misconosciuta, controversa, ancora da scrivere. Un’esperienza indimenticabile per la diversità dei contesti culturali, dei modi e ambienti di vita dei luoghi attraversati. Uno straordinario “Cammino” sulle tracce di ribelli, briganti e fuggitivi di ogni epoca, in un territorio fortemente caratterizzato da identità e autenticità. Una inaspettata accoglienza in quella che, per troppo tempo, è stata considerata montagna ostile e impenetrabile.

Il privilegio di avere lasciato le tue orme lungo l’ultima frontiera dell’escursionismo continentale, crocevia di popoli, baricentro del Mediterraneo. Tutto questo è il “Sentiero del Brigante”, l’itinerario per escursionisti di 140 km recuperato fisicamente e culturalmente dal GEA – Gruppo Escursionisti d’Aspromonte - alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo, individuato sul terreno con oltre 8.000 segnavia di colore rosso-bianco-rosso e sigla SB. Nel novembre del 2017 il “Sentiero del Brigante” è stato inserito nell’Atlante Digitale dei Cammini d’Italia del MIBACT.

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Il “Sentiero del Brigante” si sviluppa per circa 140 km, lungo la linea di crinale, tra il Parco Nazionale dell’Aspromonte e il Parco Naturale Regionale delle Serre. Ha inizio a Gambarie, in Aspromonte, e fine a Serra San Bruno o Stilo, essendosi biforcato al complesso edilizio della Ferdinandea, che fu casa di caccia di Ferdinando II di Borbone e residenza delle alte maestranze delle Reali Ferriere.

La denominazione del sentiero, voluta dal GEA - Gruppo Escursionisti d’Aspromonte, è chiaramente evocativa, e lo diviene maggiormente se si approfondiscono le vicende che hanno caratterizzato la storia dell’estrema montagna meridionale. Lungo il Cammino si susseguono designazioni toponomastiche che richiamano storie di ribelli e briganti. Anche i racconti, le leggende e i documenti d’archivio tramandano gesta di briganti, personaggi controversi, talvolta temuti, altre volte protetti, considerati eroi, giustizieri, raramente criminali. A partire dal ribelle Spartaco che, con il suo esercito di schiavi, risaliva la penisola alla volta di Roma prima di essere fermato e sconfitto, alla Dorsale Tabulare, dal Console Marco Licinio Crasso, altri fuorilegge, più o meno noti, definiti briganti, hanno trovato rifugio, appoggi e vie di fuga tra l’Aspromonte e le Serre.

 

Il più celebre è il leggendario Nino Martino. Con la sua banda soggiornò a lungo in Aspromonte durante la seconda metà del secolo XVI. Soprannominato “Cacciadiavoli”, vendicatore spietato di torti, terrore della “infanteria y cavalleria” spagnole, fu violento e feroce, anche se generoso con i deboli secondo la leggenda. C’è poi la banda Mittica di Platì che aiutò il generale Borjès nel suo tentativo di ripristinare il Regno Borbonico e che, dopo il fallito attacco a Platì, lo abbandonò al suo destino prima di rifugiarsi tra le foreste dello Zomaro. Il sanguinario Bizzarro, accompagnato sempre da feroci cani, per non essere scoperto dagli inseguitori uccise atrocemente il figlio neonato, concepito dalla compagna che lo seguiva nelle avventure. Il brigante Sonnino, vendicatore di torti subiti, usava risalire fino ai boschi delle Serre durante le fughe. Giuseppe Musolino, conosciuto come il “U' re i l'Asprumunti”, è stato l’ultimo dei briganti.

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Caratteristiche e tappe

Dotato di segnavia di colore rosso-bianco-rosso nelle due direzioni di marcia, identificato dalla sigla SB e accatastato con i numeri 100 e 200 dal Parco Nazionale dell’Aspromonte, il “Sentiero del Brigante” è stato recuperato fisicamente e culturalmente dal GEA alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo. Collega e mette in relazione, restituendo continuità e armonia al paesaggio rurale e montano attraversato, aree di grande interesse naturalistico, insediamenti rurali, centri abitati, foreste, emergenze architettoniche e archeologiche, dimore nobiliari, strutture fortificate. Si articola in massimo nove tappe, tante quante sono le località con strutture d’accoglienza lungo il cammino o nelle sue immediate vicinanze, ma sarà l’escursionista a pianificare il viaggio e a modulare le tappe tenendo conto del tempo disponibile, dell’impegno fisico richiesto, dei suoi interessi culturali. E’ consigliabile suddividere l’intero percorso in sei, sette tappe. Il tracciato non presenta particolari difficoltà o pericoli. Può essere percorso a piedi, in mountain bike o a cavallo, ed è indicato, in alcuni tratti, per le attività didattiche delle scolaresche. Vi si accede da più punti. Non è pertanto necessario recarsi a Gambarie, Serra San Bruno o Stilo per percorrerne un solo tratto. E’ consigliato per un’esperienza giornaliera, una passeggiata tra i boschi, un’escursione organizzata, un trekking di più tappe. Il “Sentiero del Brigante” è il sentiero per tutti.

Aspetti naturali e ambientali

Sono le specie arboree, che mutano e si alternano secondo l’altitudine e l’esposizione, a determinare, tappa dopo tappa, la fisionomia del paesaggio attraversato dal sentiero. Tra esse il faggio, l’abete e il pino sono presenti lungo tutta la dorsale, a volte radunati in boschi misti. L’acero, con il carpino nero e il leccio, primeggia nei valloni più ombreggiati. Il farnetto, il carpino bianco, il corbezzolo, assieme all’erica arborea e a numerose altre endemie, tipiche della macchia mediterranea, adornano il sentiero tra la Ferdinandea e la vallata dello Stilaro. La biodiversità floristica favorisce un’altrettanta ricca presenza faunistica. Il lupo, il gatto selvatico, il ghiro, il driomio, lo scoiattolo nero, la volpe, la faina, la martora, il tasso, la lepre e il capriolo, da poco reintrodotto, trovano, tra l’Aspromonte e le Serre, l’habitat ideale. Così come la vipera, la testuggine, la salamandra pezzata, l’ululone dal ventre giallo. In primavera le assolate radure si svelano con i colori della felce aquilina e della ginestra, e i numerosi corsi d’acqua offrono incantevoli giochi d’acqua e spettacolari cascate. I caratteristici laghetti artificiali a Rumia, Zomaro, Mammola e Mongiana sono autentiche gemme che impreziosiscono il paesaggio. Indimenticabili sono gli scorci panoramici di cui si può godere percorrendo il sentiero.

Il percorso

Questi i toponimi e le località attraverso i quali si sviluppa il sentiero. Gambarie, Terreni Rossi, Piani Quarti, Passo delle Due Fiumare, Piano Melia, Piani di Carmelia, Portella Mastrangelo, Passo della Cerasara, Croce Toppa, Zervò, Piano Zillastro, Piano Stoccato, Vallone dell’Uomo Morto, Bosco di Trepitò, Villaggio Moleti, Passo Cancelo, Laghetto Zomaro, Passo del Mercante, Casello Barca, Piano Mortelle, Piano della Limina, Monte Cresta, Laghetto Marzanello, Vardaro, Croce Ferrata, Faggio dell’Orologio, Fabrizia, Mongiana, Passo di Pietra Spada, Ferdinandea, Marmarico, Bivongi, Pazzano, Stilo. In direzione Serra San Bruno: Ferdinandea, Monte Pietra del Caricatore, Serra San Bruno.

LA STORIA

Sono trascorsi più di trent'anni da quando, giovani e sognatori, con lo spirito dei pellegrini e la determinazione dei pionieri, siam partiti da Monte Scirocco per intraprendere il “cammino” nel corpo e nell’anima dell’Aspromonte, la montagna dei sequestri, il demone da distruggere. Così, tra gli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo, la definivano i mass-media che hanno preferito trattare l’odioso fenomeno dei sequestri di persona con slogan, semplificazioni e mistificazioni, piuttosto che noiose e impegnative analisi dei fenomeni e delle loro cause. Anche l’iconografia, coerente al messaggio, proponeva, all’Italia e al mondo, un Aspromonte brullo, impraticabile, desolato, costellato di fatiscenti casolari, abitato da un popolo incivile e selvaggio. Un marchio sinistro per un’intera montagna e un intero popolo, una condanna senza appello. In questo contesto, sociale e culturale, nel 1985, è nato il GEA – Gruppo Escursionisti d’Aspromonte – e con esso la sua ambiziosa missione: l’occupazione pacifica dell’Aspromonte, nel rispetto della legalità, attraverso l’individuazione e il recupero, fisico e culturale, delle antiche vie che attraversano l’Aspromonte in ogni direzione. Da allora il GEA ha realizzato, tra l’Aspromonte e le Serre, oltre 300 km. di itinerari per escursionisti. Tra questi il “Sentiero del Brigante” che, nel novembre del 2017, è stato inserito nell’Atlante Digitale dei Cammini del MIBACT.

Fin dal 1985, anno della sua costituzione, l’Associazione ha elaborato un progetto culturale e operativo che si sviluppa lungo due direttrici. L’una è quella dello studio del territorio, nei suoi aspetti materiali e immateriali, della sua promozione attraverso la produzione di opuscoli, cartine, guide, libri e l’organizzazione di attività culturali e manifestazioni di grande impatto mediatico. L’altra è quella dell’individuazione e del recupero, fisico e culturale, delle antiche vie che attraversavano l’Aspromonte in ogni direzione. I sentieri, le mulattiere, le più recenti strade sterrate, individuati da segnavia colorati (rosso-bianco-rosso), si riappropriano della loro funzione originaria e si confermano elementi indispensabili per la ricostruzione del paesaggio rurale e montano, per la valorizzazione degli elementi che lo compongono, per lo sviluppo del turismo montano.

Dopo avere realizzato una rete d’itinerari per escursionisti nel comprensorio di Gambarie di Santo Stefano in Aspromonte, il GEA, sul finire degli anni ’80 dello scorso secolo, si è dedicato alla individuazione e al recupero fisico e culturale della via di crinale che collega l’Aspromonte alle Serre. Gambarie di Santo Stefano in Aspromonte, a Serra San Bruno e Stilo. Sono stati anni d’intenso ed esaltante impegno per l’Associazione e i suoi Soci, consapevoli d’interpretare le esigenze di rinascita dell’estrema montagna meridionale, resa culturalmente e socialmente marginale dalle vicende storiche e mortificata da innumerevoli episodi di cronaca che l’hanno resa tristemente famosa e fatta percepire come covo esclusivo di banditi, latitanti e sequestratori.

Tra il 1986 e il 1989 i Soci del GEA hanno definito il tracciato e reso percorribile il sentiero grazie a un massiccio intervento teso al recupero del piano di calpestio, gravemente compromesso da ostacoli di ogni tipo e dalla rigogliosa vegetazione endemica. Allo stesso tempo sono state individuate, analizzate e collegate le risorse culturali, materiali e immateriali, componenti il patrimonio dei territori attraversarti. Il “Sentiero del Brigante” è diventato così il filo rosso che collega gli elementi del territorio ed esso stesso diventa patrimonio del territorio e segno tangibile della storia e delle vicende delle popolazioni che l’hanno tracciato, percorso, abbandonato. Il sentiero è individuato, sul terreno, da segnaletica orizzontale e verticale. Per la segnaletica verticale sono state utilizzate frecce direzionali in legno. Per quella orizzontale - segnavia apposti sugli alberi, sulle rocce o altri supporti utili - si è scelto di utilizzare la bandierina rosso-bianco-rosso, utilizzata anche dal Club Alpino Italiano e fatta propria, di recente, dall’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte. Dal 2 al 7 luglio del 1991 il GEA ha organizzato, con il patrocinio del Ministro dell’Ambiente Giorgio Ruffolo e di numerose Associazioni nazionali e locali, il primo grande trekking lungo il “Sentiero del Brigante”. Cinquanta escursionisti, a piedi e a cavallo, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno percorso il sentiero da Stilo a Gambarie. Tra essi il Senatore Sisinio Zito, padre del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Stupefacente è stata la copertura mediatica: dal Sole 24 Ore al Corriere dello Sport, Dalla Rivista del Trekking a Grazia, dal Tempo al Giornale, il riconoscimento della validità del progetto “Sentiero del Brigante” per lo sviluppo delle aree interne tra l’Aspromonte e le Serre. Da allora il “Sentiero del Brigante”, regolarmente manutenuto dal GEA, è stato meta di migliaia di escursionisti che hanno viaggiato a piedi alla ricerca di “diversità”, “identità”, “autenticità”. Con l’istituzione dell’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte, avvenuta nel 1994, il “Sentiero del Brigante” è entrato a far parte del Piano del Parco come unico sentiero tematico. Dal novembre del 2017 il “Sentiero del Brigante” è nell’Atlante Digitale dei Cammini d’Italia curato dal MIBACT, Ministero per i beni e le attività culturali. Un contenitore di percorsi e vie pensato e realizzato sulle linee guida indicate dalla direttiva dell’allora Ministro Dario Franceschini. La direttiva del Ministro definisce i Cammini “itinerari culturali di particolare rilievo europeo e/o nazionale, percorribili a piedi o con altre forme di mobilità dolce e sostenibile, e che rappresentano “una modalità di fruizione del patrimonio naturale e culturale diffuso, nonché un’occasione di valorizzazione degli attrattori naturali, culturali e dei territori interessati.”

 Il Brigantaggio tra Aspromonte e Serre


Il fenomeno del brigantaggio ha interessato la Calabria sin dall'epoca romana, ai tempi di Spartaco (Misasi, 1900). Il termine “brigante” è stato utilizzato in maniera abbastanza estesa, e se per briganti s’intendono anche semplici sbandati, violenti, autori di saccheggi, scorribande e ribellioni, allora l’intero territorio aspromontano, fino alle Serre, conserva molte tracce che nel corso degli anni, in base ad evidenze storiche o solo per leggenda, ci parlano di briganti. I boschi e le campagne dell’Aspromonte erano il rifugio più sicuro per i briganti, che in questi luoghi vivevano, con sistemazioni di fortuna, tra un assalto e l’altro. Così racconta Spanò Bolani:
“Assassinamenti ed eccessi eran pervenuti a tale per tutta la provincia di Calabria, che sollevarono l'indignazione del governo, ed il viceré finalmente vide quanto fosse necessario dare efficaci provvedimenti perché le comitive dè banditi fossero distrutte”.
Si parla sin dal VI secolo a.C. di "brigantaggio comune", ossia piccole bande di delinquenti comuni dediti a rapinare i viandanti. A questo si associò, con il sorgere del sistema feudale, anche il cosiddetto "brigantaggio feudale". Nel Mezzogiorno ad aggravare la situazione contribuì la persistenza del feudalesimo fino al XIX secolo che, assieme all'estrema miseria dei contadini e alla particolare morfologia del paesaggio calabrese (montuoso, ricco di grotte e dirupi) concorreva ad alimentare il brigantaggio. Un esempio di "brigantaggio politico" fu invece l'esercito Sanfedista, pieno di ladroni da strada e di evasi, guidato da un cadetto di una nobile famiglia calabrese, il Cardinale Ruffo (Negro, 1863). Ma il brigantaggio che più di ogni altro assunse grandi dimensioni, tanto da meritare l'appellativo di "Grande Brigantaggio", fu il “brigantaggio postunitario”. Esso durò circa cinque anni, dal 1861 al 1865 e, per le dimensioni assunte, divenne una vera e propria guerra civile tra esercito piemontese da una parte, e briganti dall'altra, dove però a subire le maggiori perdite fu l'inerme popolazione civile (Lombroso, 1865). Così racconta Lombroso:
“Allora cominciavano le guerre sulle montagne, le imprese contro un nemico che scappava sempre di mano, che si ricoverava nei boschi quando era cercato nei monti, che si nascondeva nelle macchie, dormiva fra i campi di grano, nemico invisibile, imprendibile, che fuggiva sempre più lungi e più in alto, fino a che il re per una trista necessità, prometteva un'aministia a quelli che si sarebbero resi.”
Non è facile risalire con esattezza a quanti fossero i gruppi di briganti tra l'Aspromonte e le Serre, ma sicuramente si trattò di numerose bande, il più delle volte capeggiate da nomi che passarono alla storia. Anche dopo la fine del brigantaggio postunitario, vicende come quelle del celebre brigante Musolino, “Re dell’Aspromonte” o del brigante Sonnino, furono oggetto di approvazione e simpatia popolare.

Storie di briganti tra l'Aspromonte e le Serre



Attraverso un lavoro di ricerca per una tesi di laurea proprio sul Sentiero del Brigante (Nicola Casile: "Reti sentieristiche e itinerari tematici per la valorizzazione del paesaggio montano in Calabria. Una proposta progettuale: Il Sentiero del Brigante tra l’Aspromonte e le Serre"), si è cercato di ricostruire i percorsi e i passi dei briganti che nelle montagne tra l’Aspromonte e le Serre agirono e si ripararono. Lo schiavo ribelle Spartaco scese con le sue orde in Calabria, tentando di sconfiggere l’esercito romano, suscitando le simpatie della popolazione. Raggiunta Reggio, nell'impossibilità di passare in Sicilia, ritornò sui suoi passi, attraversando l’Aspromonte. Tra il 72 ed il 71 a.C., il così detto “dossone della Melia” fu teatro di una battaglia cruenta tra i gladiatori di Spartaco e le legioni romane di Marco Licinio Crasso. Sono attribuiti all'epoca di Spartaco alcuni resti,nei pressi dello Zomaro. che sembrano essere una trincea per sbarrare il passo agli schiavi di Spartaco. A questi si associano delle designazioni toponomastiche. Dal centro dell’Aspromonte invece, fino a tutta la parte settentrionale, si muoveva nel XVI sec. il brigante Nino Martino. Alcuni luoghi portano il suo nome, mentre la sua figura è ancora viva nella leggenda e nel ricordo popolare. Ne parla Spanò Bolani, con particolare enfasi per le sue scorribande e per i mezzi che l’autorità impiegò per sconfiggere il brigante e la sua banda. Nei primi anni del XIX sec., in piena occupazione francese, si muoveva il brigante Francesco Moscato originario di Vazzano detto “Bizzarro”. Così riportano le “Notizie Storiche Documentate sul brigantaggio nelle provincie napoletane” di Marc Monnier:
“…né boschi e nelle montagne di Mongiana, nell’Aspromonte e nelle foreste lungo il Rosarno scorrazzava il bizzarro…”.
Il brigante, in perenne fuga e isolamento con la sua compagna, si rese autore dell’atroce uccisione del figlio neonato nei pressi di un rifugio che, secondo alcune fonti, sarebbe stata una grotta nelle montagne di crinale. Dal 1810 in poi prestò servizio tra l’Aspromonte e le Serre, con il compito di debellare il brigantaggio, il generale Manhès. Per comprendere meglio in che contesto sociale egli operasse, ma soprattutto per collegare il brigantaggio al territorio, può essere utile riportare alcune righe sempre da “Notizie Storiche sul Brigantaggio nelle provincie napoletane”:
“Nelle gole dell’Aspromonte stanno nascoste le comuni di Serra e di Mongiana, circondate da foreste interminabili e impenetrabili. Ivi imperavano i briganti più terribili: Calabresi senza paura, che attaccavano i battaglioni, i quali servivano di scorta agli ufficiali generali, quando essi recavansi a visitare le ferriere della Mongiana”.
Manhès sconfisse i briganti in quelle zone colpendo Serra San Bruno, uno dei borghi più grossi della regione, con le pena dell'interdetto. Alcuni decenni dopo la Banda Mittica, assieme al generale spagnolo Borjès, nel tentativo di ripristinare nel Sud Italia il regno borbonico, si muoveva tra Brancaleone, Natile, Cirella, Ciminà, lo Zomaro e i piani di Gerace. Nel 1861, dopo l’assalto a Platì, Borjès procedeva verso la Sila Piccola e Serrastretta. Nel comprensorio di Santo Stefano d’Aspromonte, nei boschi e nelle montagne dove oggi sorge il centro turistico di Gambarie, si riparava e si muoveva il Brigante Musolino, vissuto tra la fine dell’800 e la metà del ‘900 e protagonista di vicende che, anche se non strettamente riconducibili alle ribellioni sociali post-unitarie, hanno rappresentato un simbolo forte di riscatto dalle ingiustizie e dagli errori giudiziari di cui fu vittima. Oltre a racconti e a notizie su personaggi ed eventi di una certa rilevanza storica, è stato possibile anche ricomporre tutta una serie di documenti, segnalazioni e avvistamenti che consentono di comprendere, maggiormente, il collegamento tra brigantaggio, briganti e l’area su cui si sviluppa il Sentiero del Brigante. Quasi tutto il territorio dell’Aspromonte e delle Serre, dalle montagna alle campagne, era interessato da fenomeni di brigantaggio. Documenti di archivio parlano di avvistamenti o di episodi nelle montagne di Delianuova, nei pressi di Zervò, come nel caso dei quattro canonici accusati di aver favorito, appoggiato e protetto dei briganti e degli insorti filo-borbonici a Pedavoli, frazione di Delianuova. Altra segnalazione, nella primavera del 1864, riferiva di alcuni avvistamenti ed avvenimenti accaduti nel territorio di Gerace. Si tratta di dati dell’Archivio di Stato riguardanti il gabinetto della Prefettura di Reggio Calabria.“Voci allarmanti sul brigantaggio e su una eventuale restaurazione borbonica nei paesi del circondario di Gerace”. La data è 13 aprile 1864. Un telegramma del 13 luglio 1864 informava i Carabinieri di Polistena e Cinquefrondi che il giorno precedente era avvenuto nel territorio di Mammola un conflitto tra dieci briganti e tre cittadini diretti alla fiera di Soriano. Dalla Prefettura di Reggio Calabria, in data 14 luglio 1864, arrivava notizia di uno “Scontro tra tre cittadini ed una banda armata di dieci briganti sulle montagne di Mammola a Croce Ferrata”. In altri rapporti fatti dal Sottoprefetto del Circondario di Gerace al Prefetto si comunicava che gli episodi delinquenziali provenivano dalla provincia di Catanzaro "funestata dal brigantaggio", con cui il Circondario confinava. In particolare, il 14 ottobre 1864, il Sindaco di Monasterace avvisava che "una banda di otto grassatori armati di tutto punto aveva aggredito la ciurma di Santoro Michele, mentre raccoglieva agrumi nelle vicinanze di fiume Assi che divide questo Circondario da quello di Catanzaro. Il Santoro erasi salvato con la fuga, ricoverandosi in Monasterace". Sempre dalla prefettura di Reggio Calabria, nell’inverno del 1864, altri episodi si verificarono più a nord, nelle campagne di Stilo: “Comparsa di sei briganti nel mandamento di Stilo”. È datato 15 dicembre 1864. Il governatore Plutino, in merito ad alcuni disordini verificatisi a Mammola e nelle montagne circostanti, scriveva:
“Da Bovalino vari proprietari terreni domandano mezzi di trasporto per ritirarsi a Reggio, da Siderno impiegati della strada ferrata scrivono al loro direttore qui domandando di poter sollecitamente fuggire a Reggio temendo di poter essere assediati e massacrati”. Lo stesso Prefetto scriveva inoltre ai Procuratori di Gerace e di Palmi, “voci allarmanti di presunte apparizioni di briganti e di bande armate di Mammola, che si ripetono con insistenza e forse col maligno scopo di suscitare allarmi".
La sottoprefettura del Circondario di Gerace fu incaricata il 5 aprile del 1865 di diramare ordini precisi con appositi corrieri ai Sindaci dei paesi di Stilo, Bivongi, Pazzano, Camini, Monasterace, Riace, Stignano, Grotteria, San Giovanni, Gioiosa, Martone, Mammola, Caulonia e al Maggiore della Guardia Nazionale di Stilo, i quali avevano assicurato "di aver disposto continue e benintese perlustrazioni in modo da respingere qualsiasi invasione di malviventi, dietro i necessari accordi colle rispettive Stazioni di Reali Carabinieri e comuni viciniori".      
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